L’amica scrittrice e poetessa Giuliana Sanvitale mi ha gentilmente inviato i suoi pensieri nati dalla lettura della mia poesia Santa Maria sopra Minerva.
Sono in fondo alla chiesa, seminascosta da una colonna.
Non puoi scorgermi mentre guardo la tua solitudine, la sento sulla mia pelle, percepisco la profondità interiore della tua anima, leggo lo smarrimento del tuo sguardo che si perde nella vastità del luogo, come dinanzi all’immensità di un cielo che ci sovrasta nella notte.
Il marmo delle statue, dagli occhi ciechi e le bocche mute, ha sussulti di gelo al pari delle loro ombre e vane sono le preci che altri immaginano si sprigionino dal loro tendere verso l’alto.
I sensi allertati catturano bagliori di luci simili a fiamme e note di un organo che si frangono in vibrazioni echeggiando nell’immensità dello spazio.
Tentenna il tuo animo sofferente sull’orlo di un mistero, resti sospeso come un umile esile stelo, come una foglia sul punto di staccarsi dal ramo, mentre i colori violacei della spiritualità ti guariscono gli occhi ed evapora il dolore e la fatica di vivere.
Di nuovo ti dibatti nell’intimo tra un grido che vuole erompere e il silenzio che ti circonda e richiama alla mente uno scampanio che sa di morte e di festa, di ruggine erosiva e stelle salvifiche.
Senza coscienza di te, ti arrendi per un attimo come il viandante che sosta su un molo in attesa. Solo come ogni uomo che non conosce la meta e l’ora.
Ti riscuoti, mi passi accanto senza vedermi ché già ti acceca la luce dorata della piazza, mentre fendi la folla col tuo carico di sogni irrisolti e di memorie cocenti.