La Certosa
Scolpito dalla luce nel mezzo della piana
l’ampio profilo della cattedrale dietro sé nasconde
una città di lunghi corridoi oscuri, celle vuote ,
chiostri risvegliati dal metallico lucore delle acque
che si riversano dagli orli delle vasche.
Portici affollati dalle foglie che stormiscono nel vento
orti popolati dal brusio di passeri fuggiaschi.
Qualche frutto pende stento
come l’eco malinconico dei rintocchi di campane.
E poi silenzio.
In ogni cella un Crocifisso prega gli occhi al cielo
d’essere graziato dalla morte.
Monastero d’ombre e frati innominati,
di santi e di sospiri,
tra le tue mura sarei mai vissuto con un saio nero,
un ruvido cordone attorno ai fianchi?
Avrei atteso ogni sera i passi
lungo i corridoi oscuri di una vita
che avanza sotto un cielo senza luna?
Avrei pregato ad ogni alba il Cristo
di perdonare i miei peccati
che nella notte intorno alla mia branda
avrebbero versato il miele del piacere?
Nel refettorio vasto che risuona
del tramestio di sedie scosse
dai passi strascicati dei turisti
sgomenti e affascinati da tanta solitudine,
vendono i fratelli sui banconi rivestiti a festa
Miele di San Giovanni Candele del Signore.
Monaco risvegliato da un’oscura fede
voglio scavare in fondo al mio sconforto
una nicchia celata tra le azzurre mura
della stanza dove lei mi attende
e accendere ai suoi piedi ceri profumati.
Con le mani intrise di divine essenze
un mantello di miele spargerò lungo il suo corpo,
le coprirò i capelli con un velo d’ambra.
Carezzerò in silenzio la mia Vergine santa.
Insieme attenderemo che si levi all’alba
il suono opaco di campane, che nel sole
si spanda l’armonia di un canto gregoriano.
E’ una splendida visione spirituale che divulgherò, se permetti.
Certo, Antonio, e con vero piacere. Ti ringrazio.
Una città invisibile, un ventre oscuro, un dedalo di chiostri muscosi, la città proibita dell’imperatore.
Sullo sfondo la musica del vento, il fruscio delle foglie, il chiacchiericcio dei passeri cui fa eco un malinconico rintocco di campane.
“E poi il silenzio” dice il Poeta.
Ma è un silenzio che stride, un silenzio rumoroso, preci che si alzano al cielo da crocifissi e da monaci neri.
E’ un silenzio che urla una domanda: quella dell’uomo-poeta che si fa protagonista, irrompe nella scena, percorre celle anguste, indossa abiti non suoi e s’immedesima nella vita di un antico abitatore del luogo.
Le sue preghiere nell’alba silenziosa non saranno sufficienti ad annullare l’eros dell’attesa e il tempo della passione.
Si confonderanno le spezie, gli aromi, gli effluvi della passione terrena col ricordo biblico di un’altra passione, di un altro corpo avvolto da unguenti e miele, sfiorato da lunghi capelli di seta ed ambra. Riti che hanno un sentore di antica morte, mentre attorno si svolge la vita, turisti invadono luoghi adibiti a mercatini e il “miele” raccolto e venduto dai monaci assume ben altra funzione, presta la sua dolcezza ad altri sensi.
Per usare un verso di Marcello, “si fa carne”.
Perfetta la struttura, splendide e mai scontate le immagini, profondo l’eros che raggiunge punte altissime, ma sempre indossando l’abito dell’Arte e, se non bastasse, stemperandosi nell’ascolto di quel canto gregoriano.
La continua lotta tra carne e spirito che a vien dentro di noi, qui meglio esplicitata all’interno di una Certosa, luogo in cui il contrasto tra le nostre due anime si fa più forte ed evidente
Ricercando la sacralità del gesto, istanti di vita preziosi e salvifici da recuperare seppur idealmente.
Dietro la pelle un’anima pensante crea, come dietro l’immobile facciata di quella Certosa, c’è un mondo di vissuto che si muove e scandisce e detta i suoi tempi.
Era un bel po che non venivo a leggerti, l’estate per me è fatica e non mi resta tanto tempo. Questi tuoi versi sono davvero stupendi…ti chiedi come avresti potuto vivere da frate e poi scavi una cella nel tuo io dove amare, dove sacro e profano si mescoleranno. Che dirti è davvero una splendida composizione. Sei sempre il mio Poeta. Un abbraccio