Beatrice Borroni sottolinea giustamente che le poesie di Marcello Comitini non sono la spiegazione dei suoi quadri e anzi, generalmente, non corrispondono al suo pensiero, pur apprezzando molto i versi che lui scrive.
Vorrei spendere due parole su questa collaborazione e sui riflessi che le loro opere hanno su di noi lettori.
Abbiamo una pittrice, Beatrice, che si ispira a “panorami” reali, o frutto del suo sentire, del suo pensare e li trasforma in opere grafiche utilizzando un linguaggio basato sulle forme, sulle linee, sugli spazi, sui vuoti e sui pieni, e sul colore che è la parte più immediata per lo “spettatore”. Beatrice trasferisce sulla tavola il suo modo di vedere la vita, il suo modo di pensare la figura femminile che è il suo soggetto preferito.
Abbiamo un poeta alla ricerca di “panorami” a cui ispirarsi per dare voce a quello che pensa, a quello che sente e ha trovato nei quadri di Beatrice un pretesto, un punto di partenza per dare vita a delle storie sue, a delle riflessioni sulla natura dell’esistenza, sull’amore, il dolore, l’amarezza che pervade sempre e da sempre i suoi versi. Usa un altro linguaggio, altri segni: le parole scelte accuratamente, le figure retoriche, una metrica libera ma molto armoniosa, una disposizione della punteggiatura che spezzando il ritmo, o rallentandolo, frantumando il pensiero o dandogli un senso di continuità. ci aiuta a ricreare il suo stato d’animo. Ma ricordiamoci che il quadro per Marcello è solo un “input”, mentre per Beatrice è il proprio pensiero.
Poi c’è il lettore del quadro e della poesia. La sua funzione non è creativa, è di fruizione : guarda, legge, prova emozioni o resta indifferente. Questo è il primo livello, quello istintivo, che gli fa dire: mi piace, non mi piace; è un giudizio “di pancia”.
Poi, se si ferma e osserva, si chiede perché, che cosa gli rende gradita un’opera, a qualunque genere appartenga, qualunque linguaggio usi.
Ma il lettore deve andare oltre, deve cercare di capire che cosa l’autore o l’autrice ha voluto dire. Non è facile, bisogna cercare di decifrare il messaggio che ha voluto mandare e più il lettore conosce il linguaggio usato più riesce ad avvicinarsi al pensiero dell’autore: ma la sua interpretazione sarà sempre filtrata dal suo vissuto, dal suo modo di pensare e di sentire.
Per me, Gabriella, è più facile, per formazione, riuscire a vedere certi aspetti di un’opera letteraria che non di un’opera pittorica, ma penso che tutti dovremmo cercare di arrivare alla sostanza di quello che osserviamo, di quello che leggiamo, di quello che ascoltiamo per poterlo rielaborare e farlo diventare parte della nostra esperienza.
Una cosa è importante: per quanto possano piacerci le opere di un autore (parlo in senso generale, non solo della nostra pittrice e del nostro poeta), per quanto ci possano essere simpatici, per quanto possiamo essere legati a loro da amicizia, dobbiamo dire se una loro “produzione” non ci piace e perché. Per quanto mi riguarda ben lo sa Marcello di cui conosco anche le poesie giovanili, a cui non ho risparmiato critiche quando mi parevano necessarie, e anche Beatrice , che trovo interessante e con un “discorso” molto particolare sulle donne, ma il cui stile a volte mi lascia perplessa o mi urta e vorrei capirne il motivo.
Beatrice e Marcello hanno comunque trovato una sinergia valida in questo tratto dei loro percorsi creativi e l’osservare il loro lavoro è uno stimolo per la mia mente, una sfida con me stessa nel cercare di entrare nelle loro teste.