Danzatrice etrusca
Seduto a una panchina della piazza
chiusa tra mura aspre e da un sipario
d’aria sulle colline all’orizzonte
in me si spegne lentamente l’eco
di giorni frastornati
dallo stridore di automobili e motori
dai colori abbaglianti delle case
dalla polvere alzata ad ogni passo.
La notte ha ricoperto la campagna
alla fine del rosso tramonto
i boschi si profilano nel buio
dormono il sonno delle foglie
dolce remoto nel sottile
strato del silenzio.
Fiaccole alle mura della piazza
brillano rosse accendono il selciato
fin su nel cielo tra le stelle quiete
dove si perdono le ombre delle case.
Nell’odore umido di terra
dagli angoli più bui, acuti dolci
flauti di un’orchestra cantano
musica che vaga lungo i campi
dove nascono e muoiono gli dei
nei solchi dell’aratro.
Alla luce remota della luna,
Losna che sorge, Luna da placare,
danzano ragazzi al centro della piazza
e ragazze in coro modulando i corpi
tra le braccia attraggono i sorrisi di Tagete.
Spingono in alto braccia mani visi
sbocciano con grida nello scatto delle reni.
Torce d’incenso incendiano la notte.
M’appaiono nel fumo delle fiaccole
questi ragazzi che amano gioire
questi dei etruschi con i visi erbosi
queste ragazze con i corpi in fiamme
queste divinità che odorano d’incenso.
Danzano. Tu nel centro danzi,
Losna fiorita tra lo stuolo di sorelle.
Fianchi sottili, membra di capriolo
canna esile e forte appari all’improvviso.
Occhi luminosi al vento di Maremma
ondeggi dolorosa nei passi della danza.
Al flusso che la Luna sciama silenziosa
svelli dalla terra le radici
i confini sovverti di ogni forma
turbi di questa piazza pietre e stelle.
Nel fumo delle fiaccole svanisci.
Svaniscono i ragazzi e le ragazze.
Un sogno forse.
Losna Tagete guardano dall’alto
me che mi guardo intorno e mi ripeto
quanta vita, quanta, quanta vita
nel silenzio vegliato dalle mura.