Ci sono poesie, o meglio opere dell’arte, che strutturano i propri elementi come una linea retta: le guardi dall’inizio alla fine e le vedi in tutta la loro bellezza.
Ci sono invece opere dell’arte che sono strutturate in modo tale da presentare diversi collegamenti tra gli elementi che le compongono, così che a una prima occhiata scopri che l’elemento “a” è collegato a “b” e l’elemento “b” è collegato a “c”. Ma a una seconda occhiata (lettura) ti accorgi che l’elemento “a” è anche collegato a “c” e ne scopri una diversa chiave di lettura.
Prendo ad esempio una poesia trovata a caso di Umberto Saba, poeta apparentemente lineare:
Il bel pensiero
Avevo un bel pensiero e l’ho perduto.
Uno di quei pensieri che tra il sonno
e la veglia consolano la casta
adolescenza; e ben di rado poi
fan ritorno fra noi.
Questa prima strofa descrive la perdita di un sogno. Tutti siamo ormai vaccinati e sappiamo che non si tratta di un sogno infantile (e proprio perché vaccinati pensiamo: il solito trucco del poeta).
Comunque questa prima strofa è molto significativa e potrebbe essere sufficiente a sviluppare senza complicazioni i versi successivi in cui noi siamo già certi che il poeta dirà che da adulti questo sogno non potrà più essere fatto.
Ma vediamo qual è questo pensiero: non è un sogno ingenuo, ma qualcosa di molto invadente.
Io perseguivo il mio pensiero come
si persegue una bella creatura,
che ne conduce ove a lei piace, ed ecco:
perde per sempre la sua leggiadria
a una svolta di via.
Adesso non siamo più nel sogno, ma nel vivere giorno per giorno (io perseguivo), nelle continue svolte “di via”: non è la perdita dell’innocenza che ci fa smarrire il sogno, perchè il poeta continua a perseguire quel sogno.
Una voce profana, un importuno
richiamo il bel pensiero in fuga ha messo.
Ora lo cerco in biechi labirinti
d’inferno, e so ch’esser non può lontano,
ma che sperarlo è vano
Non solo continua a perseguirlo, ma sa che è vicino, nascosto da qualche parte. Ecco che il sogno non è più un sogno, ecco che il sogno si è trasformato in vita: una vita che il poeta si sente vivere accanto senza riuscire a viverla pienamente.