Possiamo dire che la poesia è una sorta di lasciapassare che permette a chi scrive e a chi legge di “attraversare le linee” del reale per giungere a stati d’animo, emozioni, sentimenti che fanno parte della sfera più privata di ciascuno di noi? Se normalmente siamo pudichi, riservati ma anche frettolosi e distratti e non mettiamo in piazza la nostra vita interiore, con la poesia possiamo addentrarci e raccontarci le nostre storie di malinconia, di tristezza, di gioia, di dolore. Nel caso delle poesie di Marcello Comitini si ha la sensazione che leggerli è come avere la possibilità soprattutto di prenderci la rivincita sui pugni allo stomaco che nella vita riceviamo. Riviviamo le nostre storie, qualunque sia la nostra età, le trasformiamo, le distilliamo, scaviamo tra rottami di avvenimenti e ritroviamo parti ancora buone per ciò che vogliamo fare nel futuro, tra le macerie di quei momenti passati per liberarli dalla polvere e metterceli davanti agli occhi come davanti ad uno specchio. E questo perché il nostro poeta si è messo difronte a uno specchio, che è il suo vissuto, e in esso si riflette per riflettere sulla vita. E questo perché, in forza della qualità della scrittura del nostro poeta, e sempre che ci affidiamo agli occhi non solo per leggere, c’è una cosa che immediatamente notiamo e visibilmente contraddistingue il suo scrivere: la pittoricità. Voglio dire la capacità di creare immagini che si staccano nette o, se il tema lo richiede, in chiaroscuro, sullo sfondo del racconto. Le parole sono scelte accuratamente (in siciliano diremmo “ammannnate”) messe l’una accanto all’altra a formare delle “vedute”, dei luoghi in cui chi legge si ritrova a muoversi come in scenari non più frutto letterario ma reali. Non è merito da poco. E se cerchiamo dei suoni, echi di voci di grandissimi poeti (Rimbaud, Verlaine, Ungaretti, Leopardi, Valery) le ritroviamo affettuosamente “riposte” come citazioni sottotraccia, quasi subliminali, a sostenere una cadenza che mai perde il ritmo raggiunto. Non credo che al nostro poeta interessi sapere se chi sta leggendo le sue strofe faccia un salto sulla sedia, quanto piuttosto se sia riuscito a farsi interprete, ebbene sì, commosso di una parte delle infinite modulazioni delle emozioni umane. Il nostro poeta ha così risposto alla nostra, umana, domanda iniziale perchè in lui troviamo una forma d’arte all’altezza o, se vogliamo, alla profondità dei sentimenti che descrive.
Il valore del poeta Recensione di Santi Sillitto
Scritto da Marcello Comitini il 15 febbraio 2012 in Recensioni