Irene
Tu sei così dimenticata e sola
teneramente donna nel riquadro
scabro della finestra
nell’aria rarefatta del mattino.
Così rapita dai tuoi stessi sogni
che in fondo all’orizzonte insegui e pensi
dove hai perso gli occhi dove il sole
nella luce dell’alba ti ha ammaliata.
E nella troppa luce che nell’alba
splende sulla tua pelle come il rosso
di un frutto che si fa dolce e maturo
il tuo profumo spande nella stanza
ad addolcire il buio alle pareti.
Teneramente donna nell’ovale
del viso incorniciato dai capelli
esageratamente lunghi sulla spalla
nuda a immaginare
lunghe altrettanto le carezze.
Non mie. Non io
che al buio della stanza guardo
invisibile e muto
le foglie malinconiche d’autunno
rosse di ruggine che invadono
nel vuoto lasciato alle tue spalle
i ricordi e i sogni.
Non miei i sogni, Irene, ormai da tempo.
Attraverso l’immagine alla finestra scorrono i sentimenti.
Non sono quelli della donna che fanno pensare, ma piuttosto quelli non più possibili di chi dipinge questo quadro che sa in cuor suo di non crederci più o di non farne più parte.
E poi scorre tanta tenerezza, l’immagine è sicuramente positiva.