La città
Guardo con le pupille impenetrabili di un dio
questa immensa città che si risveglia
al biancore dell’alba,
tagliata come l’occhio del serpente
dal lungo fiume che si snoda immobile.
Lame lucenti solcano le strade
nei riverberi radenti della luce
e angeli invisibili si annidano nei viali
con le braccia tese in alto ad afferrare
le pallide crisalidi del cielo tra i palazzi.
Escono da tiepidi meandri irrespirabili
d’aliti umani e scalpiccii di passi,
crespa la pelle di stridori di ferraglia
uomini che non vedono, traversano crocicchi,
con affanno s’imbucano tra i fiati
caldi di luce negli androni ingordi
di destini umani.
Non conoscono il dio che li sorveglia
che spesso chiede sacrifici d’uomini,
che stanchi li ributta sulle strade a sera
e nella ragna dei meandri li rinsacca.
E dall’alto vedo
formicolare la città d’intorno al vecchio parco
deserto e silenzioso se non in quei festivi
giorni quando la gente con schiamazzi
celebra l’illusoria libertà di un giorno
tra gli alberi ancora gocciolanti
della luce che si scioglie nel mattino.