La lama del tempo
La casa di campagna dalle mille finestre spalancate
come occhi misteriosi sulla mia memoria
scintilla nell’alba d’una fredda primavera tra le colline e il mare.
Le stanze vuote si riempiono nella notte
dei muggiti dei tori da macello
che salgono dal buio delle stalle come i lamenti di ciclopi ciechi.
Con i martelli sordi degli zoccoli battono contro le mie tempie
calpestano il sonno che custodisce i volti amati e delle sconosciute
che m’incrociano giorno dopo giorno con i loro sguardi.
Lungo il cortile sfilano angosciati
raschiano il selciato con il ferro rugginoso dei ricordi
e nello sguardo che trema di paura una lacrima brilla
consapevole che nulla di me e di loro andrà perduto.
Sanguinando vedo con gli occhi misteriosi della casa
seppellire i morti nell’autunno e senza sosta scendere la pioggia
sulle ombre della mia memoria.
Dall’ultimo angolo al sole del cortile
colgo di soppiatto qualche fiore
lo depongo in silenzio sul selciato
fuggo come un colpevole dalla casa deserta.
Una macchia passa lontana dai miei occhi
come una nuvola senza carne né sangue
che disegna il pallore della mia fanciullezza.
Varco la soglia degli innumerevoli casali
comparsi nel tempo come bocche colorate
per tutta la campagna.
Nell’ostile tremore della mia memoria
ritrovo l’angolo assolato del cortile
non i fiori deposti sul selciato
né i visi seppelliti all’ombra della quercia
credendo di sottrarli alla lama del tempo.
La realtà che tratteniamo è soprattutto quel passato assolato in quel cortile, “perla” di una memoria molto molto selettiva.