Quattro poesie tratte dal volume “La Pénombre de l’or”, edito da Arfuyen, Parigi, 2002
1
Ariel e Caliban
I giardini irrorati da un’acqua di luce
inventano tavolozze ebre di colori
sparsi nell’aria. Vivono i semi qui, i
maturi, divenuti carne di freschezza, frutti giunti
d’altrove, carezzati dalla brezza in cui si avvolgono
gli uccelli, forse degli angeli quasi
visibili, le piume conservano i riflessi
di soli d’argento. Le larve scivolano anche
tra le radici di alberi e di rose.
Così si ricompone un’armonia che bagna
l’affinità di tutti i regni. Là si legano
Ariel e Caliban. Ciò che muore e si dona,
s’abbandona a ciò che in lei osa adorare
2
Il sorriso
Una piccola testuggine dardeggiando la testa
può condurci verso l’allegria o la bontà.
Si arresta ritraendosi e due gazze cianciano
su cosa non sapremo mai.
Il bambino ammira uno scarabeo: è tutto lo spazio
decorato dalle sue chele. Bisogna rileggere
la grande pagina sfavillante che negli occhi
aperti è una miniatura. Un sorriso
è la fonte del testo che nasconde la fonte
a cui non cessano di attingere narrando
il fanciullo le gazze lo scarabeo, sullo sfondo
dei cieli, e la testuggine che claudica e annuisce.
3
Metamorfosi
In punta alle foglie del pioppo bianco
scintilla la stessa esuberanza dell’aria
che le ballerine[1] cinguettanti sbriciolano
per ingannare i moscerini del ruscello.
La metamorfosi inizia dal basso verso l’alto.
La brezza acquosa del lago trasmette il suo sospiro
sereno, immagine di un istante superato.
Il tempo avanza di soppiatto, riattraversa
i ricordi della bellezza in cui tutto fugge,
e tuttavia a ciascuno proibisce d’andar via.
4
Pervinca
Da dove giunge la sovrabbondanza della pervinca
che sporge verso noi la sua timidezza? È a lei
sconosciuta la sua gioia, la riceve da
una qualsiasi stella, nascosta nel vuoto della moltitudine.
Questo scarto colma in lei l’immagine della loro
complicità. Passa dal nostro cuore
che congiunge ad ogni istante il finito
e l’infinito con lo specchio del tempo-luce
dove si perde rinascendo nel suo sguardo.
Ma il raggio inesauribile degli occhi
da dove viene quando carne e cieli labili
non lo trovano più in fondo alla memoria?
13
Il vecchio narratore
Vicino al pozzo il secchio vuoto e sonoro contiene
ancora il ricordo di tutta l’acqua vivente
che ha nutrito piante e fiori nel giardino.
Così nella memoria il vecchio narratore conserva
l’oblio di favole che mai più narrerà
ai fanciulli. Cieco e vedente. I libri sono
come un vino che inebria senza essere bevuto
al solo respiro del loro profumo smarrito. Intanto lacera
un altro la guaina aderente del farro
e senza fine disperde ciò che il seme contiene.
18
L’occhio di Timoteo
Ogni esile foglia della quercia che ha solo
trecento anni eppure incarna il ricordo
d’Abramo, contiene l’enorme tronco
i rami torti e la chioma del fogliame
a cui si confonde, nelle notti estive,
un favoloso concilio di costellazioni.
Così l’occhio di un fanciullo (chiamiamolo Timoteo)
richiama le profondità dei cieli, scivolando
sul suo cartone in basso alla discesa che poi
rimonta per ricominciare nella gioia
d’essere vivente e così agile nello sforzo.
Il suo cervello quasi non più grosso di quindici o venti noci,
colmo d’amore, più della via lattea è denso e pesante
più degli sconfinati mondi non conosciuti ancora.
[1] Bergeronnette : ballerina, uccello detto anche cutrettola che abita vicino i corsi d’acqua e si nutre dei moscerini che vi volano intorno.
Bellissime traduzioni di un poeta complesso e interiorizzante, poco noto in Italia. Si coglie nei versi di Marcello una comunanza di sentire e soffrire la vita con il poeta francese. Oltre che ottimo poeta ci confermi di essere ottimo traduttore. Direi che Mambrino ti di addice più di Mordillat.