Jean Mambrino, La Penombre de l'or, Arfuyen Edit., 2002

Jean Mambrino

Quattro poesie tratte dal volume “La Pénombre de l’or”, edito da Arfuyen, Parigi, 2002

 

1

Ariel e Caliban

 

I giardini irrorati da un’acqua di luce

inventano tavolozze ebre di colori

sparsi nell’aria. Vivono i semi qui, i

maturi, divenuti carne di freschezza, frutti giunti

d’altrove, carezzati dalla brezza in cui si avvolgono

gli uccelli, forse degli angeli quasi

visibili, le piume conservano i riflessi

di soli d’argento. Le larve scivolano anche

tra le radici di alberi e di rose.

Così si ricompone un’armonia che bagna

l’affinità di tutti i regni. Là si legano

Ariel e Caliban. Ciò che muore e si dona,

s’abbandona a ciò che in lei osa adorare

 

 

2

Il sorriso

 

Una piccola testuggine dardeggiando la testa

può condurci verso l’allegria o la bontà.

Si arresta ritraendosi e due gazze cianciano

su cosa non sapremo mai.

Il bambino ammira uno scarabeo: è tutto lo spazio

decorato dalle sue chele. Bisogna rileggere

la grande pagina sfavillante che negli occhi

aperti è una miniatura. Un sorriso

è la fonte del testo che nasconde la fonte

a cui non cessano di attingere narrando

il fanciullo le gazze lo scarabeo, sullo sfondo

dei cieli, e la testuggine che claudica e annuisce.

 

 

3

Metamorfosi

In punta alle foglie del pioppo bianco

scintilla la stessa esuberanza dell’aria

che le ballerine[1] cinguettanti sbriciolano

per ingannare i moscerini del ruscello.

La metamorfosi inizia dal basso verso l’alto.

La brezza acquosa del lago trasmette il suo sospiro

sereno, immagine di un istante superato.

Il tempo avanza di soppiatto, riattraversa

i ricordi della bellezza in cui tutto fugge,

e tuttavia a ciascuno proibisce d’andar via.

 

 

4

Pervinca

Da dove giunge la sovrabbondanza della pervinca

che sporge verso noi la sua timidezza? È a lei

sconosciuta la sua gioia, la riceve da

una qualsiasi stella, nascosta nel vuoto della moltitudine.

Questo scarto colma in lei l’immagine della loro

complicità. Passa dal nostro cuore

che congiunge ad ogni istante il finito

e l’infinito con lo specchio del tempo-luce

dove si perde rinascendo nel suo sguardo.

Ma il raggio inesauribile degli occhi

da dove viene quando carne e cieli labili

non lo trovano più in fondo alla memoria?

 

13

Il vecchio narratore

 

Vicino al pozzo il secchio vuoto e sonoro contiene

ancora il ricordo di tutta l’acqua vivente

che ha nutrito piante e fiori nel giardino.

Così nella memoria il vecchio narratore conserva

l’oblio di favole che mai più narrerà

ai fanciulli. Cieco e vedente. I libri sono

come un vino che inebria senza essere bevuto

al solo respiro del loro profumo smarrito. Intanto lacera

un altro la guaina aderente del farro

e senza fine disperde ciò che il seme contiene.

 

18

L’occhio di Timoteo

 

Ogni esile foglia della quercia che ha solo

trecento anni eppure incarna il ricordo

d’Abramo, contiene l’enorme tronco

i rami torti e la chioma del fogliame

a cui si confonde, nelle notti estive,

un favoloso concilio di costellazioni.

Così l’occhio di un fanciullo (chiamiamolo Timoteo)

richiama le profondità dei cieli, scivolando

sul suo cartone in basso alla discesa che poi

rimonta per ricominciare nella gioia

d’essere vivente e così agile nello sforzo.

Il suo cervello quasi non più grosso di quindici o venti noci,

colmo d’amore, più della via lattea è denso e pesante

più degli sconfinati mondi non conosciuti ancora.

 



[1] Bergeronnette : ballerina, uccello detto anche cutrettola che abita vicino i corsi d’acqua e si nutre dei moscerini  che vi volano intorno.

  1. Gabriella Barattia scrive:

    Bellissime traduzioni di un poeta complesso e interiorizzante, poco noto in Italia. Si coglie nei versi di Marcello una comunanza di sentire e soffrire la vita con il poeta francese. Oltre che ottimo poeta ci confermi di essere ottimo traduttore. Direi che Mambrino ti di addice più di Mordillat.

Replica a Gabriella Barattia