Le linceul du vieux monde

Il sudario del vecchio mondo

Le linceul du vieux monde (Il sudario del vecchio mondo) poesie di Gérard Mordillat (traduzione di Marcello Comitini).

1. Il sudario del vecchio mondo

Paolo Uccello
Ogni giorno prima degli altri
A tavola mi seggo
Di fronte alla finestra nera
Scrivo di Paolo Uccello
- ma sono io -
«solitario, bizzarro, malinconico e povero»
Come lui
Io non sono francese
Altro François Villon
Vile vivente, vivente a lungo
Io vivente che vinco
Che perdo anche
Nel mio paese sempre
Vivente in terre lontane
Così poco spesso lo stesso
Così spesso dove non lo si attende più.

Anche la mia notte mi rinchiude
Sopra i poeti scomparsi
Sopra Roger Gilbert-Lecomte
Daumal, Larronde,
Jacques Prevel
Che incontrò Antonin Artaud
Si consacrò a lui e morì
Senza vedere i suoi poemi pubblicati
In altro modo che a sue spese
Come lui io sono
Solo in compagnia
Solo come François Villon
Solo come Paolo Uccello
Di cui scrivo
Ogni giorno prima degli altri

 

Non strangolate le scimmie

Non strangolate le scimmie
Loro mi guardano
Hanno magre braccia come le mie
Gemella la loro sofferenza
Sono un gibbone da parola in parola
Scimpanzé, orang-outang, gorilla
Macaco, babbuino elettrodizzato
Bonobo
Povero villoso dal culo pelato
Sono l’ingabbiato vivo
Il mangiatore di banane
Il battitore schiamazzante
Che scimmiotta la morte
Che scimmiotta la vita
Che non vale una nocciolina
Neppure un peto di uistitì …
Uomo nero
Uomo bianco
Non strangolate le scimmie dagli occhi verdi
Mi strappereste i peli del cuore
Mi strappereste il sangue dal ventre

 

Benvenuto all’impagabile

Benvenuto all’impagabile
All’uomo senza fardello
Hurrà per lui!
Hurrà per me!
Artaud senza grana
Mi spinge verso i demoni
Scimmiotta la morte colpevole
La mia testa soffre
(ed è un peccato)
Il mio ventre soffre
(ed è un peccato)
Mômo abbandona il sarcofago
Assalgo di brutto
Riprendo il mio nome
La scritta interna
- All’asilo!
Sopra lo striscione
Non è un peccato
Sono picchiato

 

Difesa ad oltranza

La testa rovesciata
Parlo solo – lo so
Ma
Sotto quale zoccolo trovare
La morte improduttiva
Che difenda ad oltranza
La mia causa già decisa
Senza essere ascoltata …
Cerco un campione
Che porti i miei colori
Mi tenga caldo il posto
Unga la mia carne d’olio
Per vivere una fiamma che sfianchi
Un fuoco d’inferno
Che scoppietta la la la
Qui giace Mordillat
Causa perduta
Festa terminata
Errante nelle ecc …

 

Se già

Se già
Nella contrada della mia giovinezza
L’ombra cavernosa e vera
Degli sguardi smarriti
Mi viene incontro …

Se già
Nella sua corsa effimera
Il mio doppio assassino s’affretta
Se il ventre delle madri
Rintocca del richiamo
Se mi smarrisco
Nell’ora incerta
O la malinconia
Mi prende

Se già
Suicida insolente
Promessa mancata
Volteggio
In un cielo senza memoria
Se
Ogni pena alleggerita
Il tuo corpo si spoglia
Si scusa e fugge
Questa mancanza d’amore mi uccide

 

Allora i poli

Allora i poli si avvicinarono
Non ci fu più Nord o Sud
Ma un solo polo
Il polo U
Dell’umanità tutta intera.

Allora il giorno e la notte si avvicinarono
Non ci fu più che una sola luce
La luce doppia
La luce U dell’uomo
La luce D della donna

Allora l’acqua, la terra e il cielo si avvicinarono
Non ci fu più che un magma incandescente
Il magma M
D’una lettera d’amore

Allora i mesi, le stagioni, le epoche si
Avvicinarono
Non ci fu più che un tempo
Il tempo T
La croce degli amanti stroncati

 

Ho detto tanto di me

Ho detto tanto di me
Da essere invisibile

Ho detto tanto di me
Da essere gatto d’angoscia
E cane della mia tristezza
Solo i sorci sanno
Pronunciare il mio nome
Solo i sorci sanno
Cosa si spezza in me
Cosa non si spezza

All’ora del lupo
L’ultima promessa
Ascoltatele!
Non chiudete la scatola
Non gettate terra
Preferisco – pancia all’aria –
Inaridire al sole
Slavato della mia vita
Nel mio guardami qua
Troppo grande
Cucito d’incompreso
Voglio sullo stenditoio
Finire agli uccelli
Il mio silenzio (il loro cuì-cuì!)
Saranno le mie sole lenzuola
In una tomba sempre vuota

 

Il sovrintendente del dubbio

Il sovrintendente del dubbio
Colui ch’estirpa il sole
Senza tregua
Febbrile
Invecchia…

La morte non è così lontana
Testa in giù
Esausta
Basta essere
Per riconoscerla
Oh sì
Essere!

 

Sono un paese

Io
Sono
Un
Paese
Po
Vero
Nu
Trito
Di
Bran
Chie
E
Di
Ra
Dici
Una
Ter
Ra
As
Sue
Fatta
Che
Non ha
Per
Se
Stessa
Che
La sua
Du
Ra
E
Sec
Ca
In
Di
Pen
Den
Za

 

Il ragazzo penzola

Il ragazzo penzola da uno stipite
La bocca tumefatta, blu, violetta
Libera le api che si rallegrano
Ha dell’ortica sulla lingua
Acqua salata sulle ciglia
E sulle labbra
Passa la morte
Senza respingere chi le si offre
E lo ferisce

Se fosse bastato un sogno chiaro
Un arcobaleno nella notte
Per invertire l’immagine …
Se fosse bastata una parola
Sì – la più fragile
Per rimediare al suo gesto
Ma solo la mia voce insorge
Per sostenere la sua causa
Ed inseguire l’uragano

 

Sortilegi

È un castello di carte
Del mio maestro ignorante che
Mi tiene all’oscuro …
Isola dal letto disfatto
L’immagine m’imprigiona
L’angelo si offre alle mie notti
Ragazzo, il giorno tradisce

È un miracolo laico
L’angelo sulle mie ginocchia
Al mio maestro ignorato
Ruba la sua notte severa
Crolla il castello e
I sortilegi, i sortilegi…

 

I ragazzi dormono

I ragazzi dormono

Scrivo sulle loro palpebre
Le parole segrete dei loro sogni

Piccoli ragazzi
Siate saggi
Altrimenti il Diavolo
Vi condurrà alla Comédie française

 

Rotta verso i morti

La incrocio
Sul cammino della scuola
La rossa severa
Tinta di biondo
Per piacere all’amante
La baskettosa assente
Il fanciullo folle
L’uomo dal cane a tre zampe
L’enorme donna bianca
Il bimbo col pallone
Le spose così strette nella virtù
Di ragioni imbustate
I giovani turbolenti
Gl’impiegati modello
Vanno
Rotta verso i morti
Non portano sui volti
I segni dell’odio
Ancora bianche le mani
Dei crimini che meditano
Sul cammino della storia
Vanno
Ignorando le lezioni della storia
Serrandosi al petto
Elenchi già pronti.

 

Esultavano

Esultavano
I piccoli-borghesi
Francesi

Hanno sonagli
Nel cervello
Denti marci
Lingua gialla
Piedi piatti
Che puzzano di rancido
E di bandiere

Sono Fieri
Francesi
Fascisti

 

Gridavo

Andavo stregato dai passanti
Che abbordavo di fronte
Osso contro osso
Parola contro parola
Gridavo
Voi vivete chiusi
Dentro muri alzati dai vostri padri
Voi vivete accerchiati
Dall’angoscia partorita dalle vostre madri
Gridavo
Non dormivo
Non sognavo
Camminavo
Erano numerosi innanzi a me
E urlavano morte allo straniero!
Via, ritorna al tuo paese!
Sudicia razza!
Feccia!
Mangia i tuoi morti!

 

Sotto la notte del tempo

Sotto la notte del tempo
Gli uomini che adesso siamo
Ritornano al mare
Al primo passo …

La classe operaia
Rifà la via all’inverso

La classe operaia
Non si chiama più classe operaia
Non che si vergogni
Non che sconosca
Come si chiama
Ma non lo dice
Tace
Non un grido, non una parola
Se non il silenzio oceanico
Del ritorno a sé.

 

Disastri

Il figlio chiede al padre
Mostrami i disastri del
Liberalismo
Guarda, risponde il padre
Guarda attentamente
Guarda il ragazzo
Guarda bene
Nulla vede
Guarda ancora, gli dice il padre
Il figlio si stropiccia gli occhi
Gira a destra il capo
Lo gira a sinistra
Nulla a Est, nulla a Ovest
Nulla in cielo, nulla sulla terra
Non vedo nulla
Nulla di nulla
Geme il figlio
Guarda ripete il padre
Guarda attentamente
È questo
Quando il liberalismo passa
Nulla rimane
Proprio nulla

 

Refrattario

Credete che dorma, ma non dormo
Credete che sogni, ma non sogno
Credete che vada ma non vado
Mai andrò
Con chi sfila a passo cadenzato
Marcia senza discutere
In fila per due
In fila per dieci
In fila per cento
Seul, alone, solo
Fuori dai ranghi
Inghiotto la mia solitudine senza testimoni
La inghiotto gelata, bruciante
L’inghiotto
Senz’acqua, senza pane
Senz’olio, senza succo
Inghiotto piombo fuso
Torcibudella
Erbe amare
Rafforza i muscoli
Riscalda i nervi
Io sono rosso
Io sono nero
Sono fuoco e mattone
Refrattario

 

2. Ritorno alla beneamata

Le bellezze

Vedo inginocchiarsi bellezze
Dalle ali impazienti
Debordanti e tagliate
E cuori maldestri
Offrirsi ai più semplici

La notte si allunga
Nei meandri di un fiume
Che il giorno disegna
Con alberi mostruosi

Io viaggio immobile
Da un paese che invento
A un altro orlato d’angoscia
Governato dal mio desiderio

Nelle ore silenziose
La mia pista si offusca
La mie tracce scompaiono
Sempre io sono
Dove colui che mi segue si perde

 

La meravigliata

In tante lingue
Quante Babele ne autorizza
Io te lo dico
Il viso in foglie d’ombra
Che la sera lentamente esaspera
È il tuo viso

Il tuo viso
Violentemente ornato di silenzio
Meravigliato dalle voglie
Di cui l’aspra gravità
Riconosce la mia pazienza
In cui ti vedo
Troppo mortale
Specchio psiche
Occhio di gatta
Lago della tristezza
Dove perla risplendi
Ai margini della notte

 

L’incrinata

Oscuro e deluso
Il poeta raso terra
Guarda il presente

Fuori, nel suo esilio
Per meno di una lacrima
Il freddo vende la sua arte
A chi gli tende la mano

Spia la lucertola
La fenditura del cielo
Dove la tua voce scivola
Sino a lui …

 

La ritornata

All’incrocio dei due tempi
Ella rientra nelle sue menzogne
La carreggiata puzza d’urina
Di sudore d’escrementi …
Una traccia riga la sua guancia
Un’altra sporca le sue mani
Malgrado l’unto e il salnitro
I muri sono più freschi di lei
E anche meno straziati

Che rimane
Dei sogni che si accendono
E si rovesciano nella sua testa?
L’odore persistente
Di corpi che s’abbandonano
La fustigano la feriscono
Di uomini dai visi duri
Occhio torvo, broncio voglioso, gesti osceni
Che abbandonano la notte

Ella conta i suoi passi
Uno … Due … Tre … Quattro … Cinque …
Ancora un passo
Ancora un altro
Sei … Sette … Otto …
E qui
Ritorna alla verità
Fuorilegge

 

L’incristata

Bocca da fuoco
Occhio severo
E dolce tuttavia
La mano abile
A grattare il cielo
Che si difende
Il tuo sosia incristato
Che una camicetta serra
T’imbavaglia sul letto

Mio Dio! Mio Dio!
Perché le hai tolto la speranza?

 

L’annegata

Nuoti alla chiara fontana
Cuore che batte, gambe sforbiciate
Sondi la memoria dell’acqua
Le profondità dove i ragazzi
Fanno capriole nei tuoi occhi
Rubano alla notte il giorno
Al crepuscolo l’aurora

Pancia all’aria
I pesci-fascino se ne fuggono
Esplodono in faccia ai malvagi
Il segreto delle nostre risate
Sulle loro squami scolorite
Specchio vivente
La morte si riposa
Più paziente dell’ombra
Dove il sole s’impicca

 

La collerica

La vergine, l’insolente, occhi vivi
Temerari
Bocca a cuore orlato
Sfarfalla tra le foglie
D’un ciliegio di vetro
Rossi frutti del desiderio
O dell’amore che sceglie
Perle di sangue raggelate
Sole delle profondità
Ciliegie importate
Piene di parole in festa
Cariche di parole allegre
Che la vergine
– braccia tese nella notte –
Offre in sacrificio
Al suo ironico merlo

 

La viaggiata

Più d’un tour nel suo zaino
Ha fatto un viaggio
Picchiato duro
Un castello l’attendeva
Arredato d’avventure
L’attendeva anche
La strega, la delatrice
La vecchia testa traditrice
Imparruccata di domande
La sporca ficcanaso
Che la paura
Appenderà con uno sguardo al cuore

 

La sconvolta

Hanno graffiato il vetro
Spento il fuoco
E lacerato il velo

La sua bellezza era un’offesa

Hanno cacciato via la più bella
Gettato via il bambino
L’acqua del bello, l’acqua del bene
L’hanno gettata assai lontano

Ella si bagna ormai
Nel lontano lontano
Nel lontano dindon
Nel lontano dindan
Si bagna ormai
Negli amori mondani
Canta nell’acqua del bagno
Si aureola, si acquerella
Sirena dei propri sì
Scoglio dei propri no
Un dito nel calamaio
La cacciata sconvolta
S’impadronisce della propria vita

 

La spettinata

Di te so che vivrò
Dei tuoi errori dei tuoi modi sbagliati
Del male che suona al tuo campanello

Di te so che vivrò
Della tua nudità gridata sui tetti
Del ridere ardente dei tuoi passatempi

Di te so che vivrò
D’un dio ogni giorno negato
Scandalo senza sosta reinventato

Di te so che vivrò
D’una primavera che i tuoi occhi chiamano
D’una primavera che in te per me rifiorisce
mia spettinata…

 

La malgirata

Al cimitero degli innocenti
Fuochi di sant’Elmo ai suoi capelli
La malgirata, la grande analfabeta
Sa leggere e scrivere soltanto
Le parole rabbiose del suo sesso

Al vento della luna
Culo al di sopra dei mulini
Labbra gonfie di scarlatto
È colei ch’Eolo
Conquista
E perde
Lontano assai lontano
Da un sogno à tête vole
Ricominciato senza posa.

 

La giustiziata

Forse non sai che il Dovere
Si coniuga con il Male
E questa unione
Del peggio e del meglio
Crimine contro amore

L’amore
Deve il suo mangiare e il bere
Solo al sesso che supplica
Un po’ di fuoco e un po’ d’acqua
Ordalia eterna.

 

La naufragata

La naufragata reclama un segno
La sua voce imita l’uccello tuffatore
Il gatto accovacciato, l’angelo decaduto
Al filo tagliente di una promessa
Non ne può più
Di ciò che si offre e si rifiuta

Il silenzio la naufraga
L’impregna l’annega
L’abbandona alle malinconie
Di un fidanzato che la maltratta

Testa riversa ventre spaccato
Corpo morto, relitto del mare
La naufragata marina
Vento dietro vento davanti
Si consacra
alla memoria del sangue.

 

La sopraffatta

Cammini piena del tuo corpo
Ogni tuo passo
Pesa il peso dei desideri
Corpo che ti porta
Ti porta nuda

Tu ti svesti d’un sogno
Spaventata dai desideri
Che passo dopo passo
Pesano il loro peso
Al centro del tuo corpo

Anneghi nel tuo contrario
Gioisci tra le nuvole
Piena dei tuoi pesi
Armata dei desideri
Che il tuo corpo sollevano

Vivi
Non vivi
Vivi
Il passo
Che ti uccide
Il passo
Che ci urta ancora
ci ferisce
(benedice in inglese)

 

La ripresa

A letto è in attività
Stupefacente la sua bellezza
D’un sorriso che nasce
E s’adorna d’insolenza

Gli occhi torbidi di tempesta
E d’abbandono insieme
Il sogno che la riprende
Affascina la ripresa

I suoi profondi respiri
Coprono la pagina bianca
Ventre a terra!
Il suo grido è un torrente

Gli angeli che sono buoni
Sanno soddisfarla
Gli angeli?
Si proprio gli angeli…
E per primo il suo
Che rimette nel fuoco
Due o tre volte il ferro

 

L’evaporata

Inconsolabile donna
Allo specchio della tua pena
Il tuo viso sparisce
Tra le schegge d’un cielo
Di vespe

I dardi che ti circondano
T’avvelenano così tanto
Ti accecano, ti asfissiano
Ti scuoiano
Che al blu d’un giorno di fuga
Ti evapori

 

La ricompensata

In fondo ci sarà la mia ricompensa

La ragazzetta felina
Addormentata sulla pietra
La mano posta al cuore
Sole alto, fronte cocciuta
Nuda
La piccola promessa
Si alza e sorride
Ogni pena svanita
Ogni silenzio inteso…

Un merlo arruffato
Bell’uccello della memoria
Becchetta e punge al vivo
La sua carne tenera e rosa
L’albicocca del suo sesso
l’orgoglio nei suoi occhi

Nel paese dei morti
Gli astri ci somigliano

 

La buonalunata

Ti spio fica fessurata
Venere tra le acque
Mia buonalunata
La tua mano nel cavo
culla d’oro e ama
La sorgente inesaurita

All’ora precedente
Quando l’astro fiorisce
Ti pieghi, ti accovacci
Con una grazia insperata
Apri il culo boutique

Amarsi è sbagliarsi
È proprio come mettersi
il dito nell’occhio.

 

L’allitterata

Infine dorme, infantile dorme
Dorme in fa, dorme cerbiatta
Dorme da figlia. Dorme di fianco.
Dorme in affondo
Gambe a lancetta
Che suonano infedeli nelle ore.

Questa è la sua bellezza, debolezza, ferita.
Il suo fuoco.

 

La scartata

Sei colei che mi uccide
La follia, la tana
Dove mi attendono i ladroni

Tu sei l’atout maggiore
La carta da scartare
Dove l’asso taglia a cuori

Tu sei tuono d’assenza
E fulmine arruffato
Dove la notte si defila

Tu sei il grido godi
Bordello, bufera
Dove i nostri denti battono

Tu sei
Tu non sei
Tu sei
Dove io non sono
Dove io sono
In agonia

 

L’intestata

Di fronte a oscurità avvizzite tenebre
L’innocente svergogna…
Mai troppe immagini!
Corpo
Carne
Pelle
Sangue
Muscoli
Nervi
Vene
Ghiandole
Organi
Cellule
Sensi
Fra due mostri
Scegli il più brutto
Fra due membri
Il più rovente
Dell’acqua
La più nera
Quella che lava
A volte i tuoi occhi
E fortifica
Il mio desiderio

 

La romanzata

La romanzata
Quella la cui vita è storia
Non se ne lascia mai narrare
Dice ciò che le altre non osano
Mette il suo cuore al culo
L’ombelico allo zenit
Agita l’acqua con la mano
Per schizzare di schiuma
Il maschio che la manipola

L’uomo libero
L’impagina
L’allittera
La giustifica
La gira, la rigira
La sfoglia
La prende nero su bianco
La corregge con mano agile
Poi la pubblica
Nell’impudicizia del suo letto

 

Le nudità

Dove sono le mie belle nude
Le mie belle sempre più nude
Che il meriggio svelava?

Vivono nella normalità
Familiarmente vestite
Cucite di dignità

Le loro braccia sono legno duro
Spine le loro labbra
Feriscono quando attaccano

I loro seni sono lacrimatoi
Le loro gambe sono incatenate
Alla piega segreta delle fanciulle

Le mie belle nude sono in pena
Patiscono ogni giorno
Nell’antro di sé medesime

 

3. Odisseo tascabile

Ulisse

Eccomi di ritorno
A bordo del Disperazione
Testa di morto
Tibie incrociate
Dai tempi vagabondi
Quando imparavo senza libri
Le linee della mia vita.

Itaca mia adorata
Torno drappo nero
Sulle tracce
Che solo per i miei occhi hanno valore
Povere terre povere case
Alalcomene dove mi sono trovato
Ignorante e vi ritornerei
Drappo nero
Testa di morto
Tibie incrociate
Pronto di nuovo a guardare
Che ero là io stesso
Più di quanto non lo sarei mai

E il mio corpo straziato, le mie gambe fiacche
E i miei occhi, riflesso crudele d’un
Voglio tornare
Spaventoso vuoto
Ma è un ritorno che non è arretrare

La rieccola rubata del mio amore
Quella dei miei quindici anni
Dama d’un reame chiassoso
Di fanciulli, fanciulli…
Figlia della memoria
Il suo peso troppo grande
La porta alle lacrime
Ma è il suo corsetto che m’ispira

E il mio cuore sorpreso, si sorprende
E i miei desideri si squamano, inneschi
La mia solitudine è senza oscurità

A bordo del Disperazione
Pirata dal tesoro razziato
È l’immensità della sorte
Che mi tenta – l’ironia –
Quando sofferente, ferito
Consegnato agli squali
Pieno d’audacia
Ritorno drappo nero
Al cuore stupito di tempeste umiliate
Drappo ghigno insanguinato
Testa di morto
Tibie incrociate
Parlo senza aiuto
La mia lingua che brucia

Odisseo! Odisseo!

Aiuto! – senza aiuto
Questo ritorno non è certo arretrare.

 

Leda

I miei denti ti mordono Leda
Ti dissanguano
Io sono cenere e limone
E amaro sulle tue labbra
Sono il dio delle pose scomposte
La curva, l’obliquo, lo storto
Sono il grande incendiario
La torciera
Il persecutore odioso
L’angelo armato
La canaglia globale
La fiamma segreta
Che ti rapisce e ti uccide

Leda nella notte impassibile
Ventre sul mare
Quando con gesto innocente
Ti tuffi dritta davanti
I piedi come pinne
I capelli come onde
Partorisci accovacciata
Un cigno mozzafiato

 

Cassandra

Conoscerai la mia tristezza
Sillaberà come il tuo nome
Figlia di Priamo
Imparerai il mio nome
Cassandra
Le mie lacrime lo scriveranno
Ma forse tu saprai
Che non sai null’altro
Che il silenzio metodico
Il rifiuto di selvagge onde
E del vento che fugge

 

Stige

C’è un fiume sconosciuto
Al centro della terra
Un torrente di fuoco
Un miele incandescente
Il nuotatore che vi s’arrischia
Succhia il latte dello Stige
E a lungo dopo di lui
La luna dal ventre tondo
Celebra la sua memoria
E conta i suoi figli

 

Edipo

Mi sono immerso in un terribile sogno
Da cui non esco più

Il cielo è cupo negli occhi di Giocasta
Il mostro materno sostiene la mia fronte
Non più segreti: sono finito!
Ho il piede gonfio
La bocca di un cane
Abbaio, mordo, faccio uah uah!
Sono lo changelin l’inganno
Solo alla follia nascosto
Ma sul piccolo monte di qui
In ribellione armata del corpo
Riprendo quel sorriso d’obbedienza
Che mamma da me reclamava

Questa collera che la regina disapprova
È la mia

Oracolo di Polibo
Sole danneggiato dai miei detti
Luna accigliata
Bestia bruta, scuoiata, notte ribelle
Senza rimorsi della mia infanzia
Grido, piango
Spingo al crimine
Questo gemello nero non è la mia ombra
È il riflesso delle mie scarpe
Che si allontanino da me
Quelli le cui menzogne
Sono inchiodate sulla mia fronte
Che mi brucino
Quelli che la paura travolge contro i muri
Quelli che il nero spiana
E scaglia contro se stessi
Quelli che le fate sottopongono
A prove infamanti

Che mi brucino a ciel contento

 

Arianna

Non guardarmi gli occhi
Sgominati di tristezza
Non guardarmi la bocca
da cui l’amore tende il filo
non guardarmi le mani
dalle vene troppo frivole
Teseo
Fidanzato alle ombre
Enumera le tue membra
La tua testa va al mostro
Il tuo cuore alla scienza
Batte (proprio a torto)
Per la promessa del vento

 

Penelope

Il sempiterno alla frusta
Sferza la casta, l’astinente
La brucia al fuoco greco
Dell’attesa…

Penelope piange
Dell’acqua fa il suo letto
Paga la sua gioia
Con un dito di dispiacere forte
La paga tre volte il suo prezzo

 

Eros

Mi sveglio nel segreto di un sogno
Di una dormiente sconosciuta
Il cui labbro s’allunga
Più veloce del naso
Le mie ali sono di cotone
La mia carne di frutta fresca
M’inebrio nel suo letto
Fontana dove mi bagno
Dove piango dove gioisco

Cosa vuole da me questa impulsiva sognatrice?
Vuole tagliarmi in due
Espormi spogliato
O strapparmi le piume?
Umidi baci
Dita furtive
Carezze da ladra
Improvvisa la sua mano impugna
L’uccello piacere
Gli serra il kiki strozza gargarozzo
Il mio sesso s’innalza a volo d’angelo
Lava la sua piaga al cielo
E in quell’istante
Lei svanisce.

 

Atena

Mio dolce Ulisse
Vieni verso di me
Per l’ampia scorciatoia dei tormentati
Strada di creta, fianco di falesia
Calipso, Circe, Nausicaa
Io sono la tua guerra
La tua fame la sete
Sono la tua prima ragione
Il segreto delle tue camere a giornata

Nell’ignoto che ti dilania
Trovi il gusto del sale e del duro
Quello della carne ribelle
Della carne aspra
Dove s’abbatte la tua mano…

Vieni verso di me
Mio dolce Ulisse
Io sono la tua follia dagli occhi glauchi
La tua vergine armata
Assai beneducata per non comprendere
Chi è la tua preda
Chi è la tua ombra
La tua vela, il sudario, la bandiera…

 

Poseidone

Sono un re selvaggio
Ai quattro angoli delle mie notti d’acqua
Ambulo deambulo
Portando un garofano all’occhiello
Sondando il mare malinconico
E i suoi baratri freddi
Io nottambulo
Da regina in fata
Cercando una ragazza da sposare
Le orche sono mie amiche
Al mio passaggio i polipi giganti
S’inchinano
Le razze mante mi salutano
E mi scortano

Ai quattro angoli delle mie notti d’acqua
Una pietra in testa
Del salmastro alle ciglia
Un’alga verde sulla bocca
Io sonnambulo
Nel mio regno
Tra venti e maree

A tempo debito
Improvviso un canto si leva
Dall’ombra promettente
Dove nascono i cicloni
Quella che io cerco
Mi entra dall’orecchio
La mano inguantata d’un amaro rosso
Il rosso rosso del suo sangue
Alla forca del mio tridente

 

Zeus

È una pietra senza importanza
Se la questione permane
Se la lettera brucia
Se la mano perde il segno
Se la parola fugge
Se l’errore si ripete
E si ripete ancora…
Ritorno all’essere che mi hanno rubato
All’essere mio spogliato
Allo scuoiato, al cannibale
Al carnivoro, al sudicio
Alla sbornia
Al gioco duro, vita da cane
Al salame
Ai piedi che puzzano
Al culo che scorreggia
Al sudore, alla morchia
Ritorno alla visione
Delle cose anteriori
Estirpo il sogno delizioso
Di un Paradiso per tutti
Bibi Fricotin, Razibus Zouzou
Filochard, Ribouldingue, Croquignol
Oscar l’anatroccolo, Tant Zulma
Buck John, Kit Carson, Blek le Roc
Zeus
Mosè, Gesù, Maometto
Impostori!
Impostori
Tutti gli dei non sono più necessari

 

Ercole

Scivolando sulla prima menzogna
Sulla terra grassa d’un acquazzone
Hanno infranto l’imene
E strappato il drappo
Dove si erano bagnati
Nudi la veglia con una gazzella
Poi la donna strappò
Il suo corsetto e la sua pelle

Ercole ridicolo e piccolo
S’alzò contro la propria immagine
Cancellando la leggenda
Gli occhi secchi d’un colpo secco
Si castrò
Caddero i suoi coglioni
Fra i grappoli e i sarmenti
In un abisso guarnito d’aspidi
Il più moccioso
Inghiottì i teneri testicoli
E il nocciolo voglioso e forte.

  1. Gabriella Barattia scrive:

    La tua traduzione delle poesie di Mordillat dimostra che sei entrato in sintonia con l’autore con cui hai in comune l’interesse per le problematiche sociali e un atteggiamento mentale che si pone in contrasto con il conformismo superficiale imperante in questo periodo. Ma dopo aver elogiato la tua interessante iniziativa di proporre ai tuoi lettori un autore da noi poco noto, vorrei spendere due parole sulla poetica di Mordillat. Mi sembra che nei suoi versi la forma predòmini sui contenuti, una forma che è fatta per stupire, frantumando, spezzando, spiazzando il lettore, usando espressioni volutamente anticonformiste. Pare che ci voglia ricordare il manifesto dei poeti barocchi: “è del poeta il fin la meraviglia”. Ecco il grande limite della poesia di questo autore: il pensiero viene annegato nell’anticonformismo verbale:ti leggo per quello che dici o per come lo dici? È un gioco molto costruito, in cui la presunta abilità formale la vince sul contenuto. È talmente artificioso da risultare facile fa imitare, è poesia da manuale di “poesia di rottura”.
    Grazie per averlo tradotto, forse non meritava tanta attenzione e tanto sofferto lavoro da parte tua.

Replica a Gabriella Barattia