In che stagione siamo
Il fantasma della pioggia vela l’orizzonte
e un vento caldo che stordisce
lo trasporta innanzi ai nostri occhi.
Ci vola incontro come sciame d’api
nella trama fitta delle lacrime
che ci rigano le guance.
Ci guardiamo intorno. Scopriamo d’ogni cosa
l’afa soffocante e il grigio
e quella grande quiete morbida
che sale dalla terra gonfia d’erba.
E su nell’infinito grigio delle nuvole
squarci di luce come bagliori incerti
d’una città sommersa dalle acque.
Inutilmente ci chiediamo
con le mani al viso in che stagione siamo.
La sentiamo in fondo al cuore
la stagione dei morti
la stagione dei cadaveri scoperti
dalla pietà dei vivi sotto enormi pietre bianche
e il pallido lucore di lumini indifferenti e inerti.
La stagione in cui guardiamo al mondo
nell’afrore umido del vento
come se non ci appartenesse,
come se non avessimo
altre stagioni che ci attendono.
Triste. Reale. Bella bella BELLA.
Quella grande quiete morbida che sale dalla terra gonfia d’erba…
Questa espressione mi riporta al tuo speciale rapporto con la natura.
Provo una certa invidia per questo tuo “sentire” e sono contenta di leggerti per umanizzare la terra, che prima di te, era per me sono chimica.
Grazie Marcello.
Correggo l’errore che mi è scappato:
era per me “solo chimica”.
Complimenti Marcello per una poesia davvero molto bella. Anch’io sono rimasta colpita da ” quella grande quiete morbida che sale dalla terra gonfia d’erba”. Un’immagine particolare che mi è molto piaciuta. Ciao. Isabella