La foglia rimasta a mezz’aria
Questa bellissima giornata di dicembre
dopo interminabili piogge
ha il tepore della primavera.
Sul ramo di fronte alla mia finestra
si è posato un uccello colore delle onde
quando il mare è sconvolto dalla bufera.
Trema. Non ha becco né artigli.
Con il suo canto di angelo
sì crede capace di incantare la luna
di placare il vento, di spartire le acque
di dare vita alle pietre,
di sollevare le montagne più in alto.
Ma quando spalanca la bocca è solo un lamento
che attraversa i vetri della mia finestra.
Una giovane donna grassa e infelice
vestita di un nero più simile al grigio
passa sotto il suo ramo e si chiede
chi ascolti quel canto. Commossa gli porge
un rametto d’ulivo
inargentato come la luna.
Le foglie cadono una a una,
macchiando l’asfalto
del colore della ruggine.
L’uccello le spazza via con le ali
prende il volo verso le stelle.
Una nuvola pesante di pioggia lo avvolge
scivola sulle penne le tinge di rosso.
Il rosso gocciola sulle mani della donna
le dona il sorriso smarrito da tempo.
La donna si spoglia di fronte alla mia finestra.
I seni piccoli come due gocce di pioggia
il pube nascosto da una foglia rimasta a mezz’aria.
Il suo corpo è quello di Eva a cui la vita
ha appena donato la mela.
Mi guarda con occhi ridenti
come un’offerta a cui è impossibile non rispondere.
Ma le dico soltanto vieni.
Attingi
a mani levate la luce di questo giorno.
Colora di rosso il buio della mia mente,
il fiume dei miei desideri, la solitudine
della foglia rimasta a mezz’aria.
Lei torna a sorridere, mi viene accanto
chiude i miei occhi con le sue mani.
La foglia rimasta a mezz’aria
scopre il suo pube si ferma poi vola
verso le stelle in questa bellissima
e calda
notte di dicembre.
Quella foglia rimasta a mezz’aria ha il sapore delle cose interrotte che concedono di ritornarci con il ricordo per sognare e non concludere un bel nulla, perchè ogni cosa va assaporata e “consumata” nel suo tempo, senza rimanerci attaccati con la nostalgia, con un carico emozionale anche spropositato ed eccessivamente lungo per quello che in effetti, rappresenta o ha rappresentato.
il ricordo non si controlla, a volte diventa incalzante, a volte duole, a volte fa sorridere.
Il ricordo deve sicuramente essere qualche cosa di consolatorio anche, e perchè no, anche una nostra tendenza masochista che ci infliggiamo quando siamo scarsi di batteria o quando qualche cosa, ci fa ritornare all’incompiuto, al sogno, direi al trascorso che non torna.
E’ pur vero che i poeti non buttano via nulla, anzi, tutto quello che aveva un potenziale d’essere e non è stato, fa scattare in loro il sogno e la loro creativita’.
I poeti sono persone che attendono…. le storie devono finire per poterle raccontare, finire ma non del tutto…. “essere sospese quasi”.
Sospese come la foglia… che cade? No, non cade… mah…. aspettiamo l’autunno, forse cadra’.
Una cosa è certa, il poeta si fa una buona compagnia sempre, il suo creare lo dirige verso “fumetti” dove non manca nulla.
E poi, finito un fumetto, ne arriva un altro.
La vita è fatta di tanti racconti, uno piu’ bello dell’altro. Se non li raccontiamo del tutto, perchè si sono provvidenzialmente interrotti, rimangono appetibili tutta la vita in maniera da poterci tornare e rivangare coi ricordi ancora e poi ancora e poi ancora.
Bella poesia, mi ha fatto fare un sacco di riflessioni (anche se le mie, sono poco poetiche davvero, lo ammetto).