L’urto impetuoso di un bacio
a Cesare Pavese
22/03/1950
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
grandi profondi
verdi come il mare in cui s’immerge la scogliera.
Tu le hai dato il tuo sguardo
perché lei è cieca immobile e attende
che le maree le vengano incontro.
L’abbracciano con furia, le lacerano contro
una ad una le loro onde.
È lei che si scaglia all’improvviso
contro la tua nudità. Contro la nudità della speranza
che sola si piega davanti allo specchio
e vede alle spalle le onde risucchiare nel gorgo
tutti i dolori taciuti, tutte le parole vane,
tutto ciò che si è perduto.
Ritornano la memoria e le angosce
che ti camminano accanto come la donna scalza
che ha in gola un sorriso aspro di ruggine al sole
e tiene per mano un ragazzo
vergognoso di sognare giorno e notte
una vigna e un bosco che oscura
il cuore di mezza collina.
Nei loro sguardi opachi ci sono tutte le cose
che dovranno accadere.
27/08/1950
Così i tuoi occhi si aprivano e nasceva in te
una tenera intimità con la notte e la terra nuda
dove lei passava leggera come rondine o nube.
L’hai chiamata ed è giunta
con gli occhi piccoli e stretti come lame di coltello,
oscuri come gli angoli di una stanza buia
e la bocca nera di una pistola che ti morde alla tempia
con l’urto impetuoso di un bacio.
Eccola dunque l’amata
col suo passo leggero che chiude il dolore.
Ti ha teso le braccia e culla il tuo corpo indolente
come un tronco abbandonato alla speranza
ora che hai raggiunto nel forte dell’agosto
la città semivuota e le colline intorno
al di là della pianura fumosa.
22/03/1950 data in cui Pavese scrisse la poesia ” Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”
27/08/1950 data in cui Pavese “con l’urto impetuoso di un bacio” si è tolta la vita.
Un ragazzo vergognoso di sognare giorno e notte,
in balia di un sogno infranto sottolineato dalla vergogna, dove per vergogna può anche dirsi il sentirsi ridicolo, in balia di una situazione dove non si vede una via di uscita.
Quando la sofferenza è elevata, si può impazzire. La sofferenza mentale è di gran lunga spesso più dolorosa della fisica, quindi la scelta di farla finire equivale a una eutanasia, a un atto di amore per se stessi, per chiudere un ciclo di dolore che ci ha distrutti.
Io penso che quest’uomo, molto intelligente, molto preparato nel suo lavoro, nei sentimenti non si sia dato con facilita’, ma abbia investito una sola volta in modo totale e abbia trovato l’inverno. Un inverno che non conosceva, che lo ha ucciso.