Nando

Ode del compagno onnipotente

Passeggiavamo come reclusi
lungo giardini inaccessibili
e corridoi assediati dalle case. Solo muri
e me che ti tenevo al guinzaglio.

I miei occhi sognavano prati e sentieri
fioriti sino all’orizzonte.
O eri tu che mi portavi lontano
dagli angoli più oscuri dei miei pensieri?

Polvere e fango lungo le strade,
schegge insidiose di bottiglie
barattoli vuoti, cagnette che ti facevano
scodinzolare e illuminare gli occhi.
A ogni angolo caldo di svanite essenze
t’inebriavano segni invisibili
di compagni. O rivali,
ma erano fremiti minacciosi e scalci irati.
Il tuo mantello fulvo sfolgorava
negli angoli più oscuri
e le donne guardavano affascinate
il tuo muso affusolato e lo sguardo
tenero e fiero
che addolciva i loro sogni.

Mi sollevavi dalla mia angustia umana
con l’ardente innocenza del bambino
alla scoperta del mondo.

E io – compagno che credevi onnipotente – vegliavo
che nulla turbasse lo spazio incalcolabile
tra i tuoi sogni e i muri.

Acuta era la tua voglia di fuggire
sentire la rugiada in punta al naso
tornare e scaldarti tra le mie braccia.

Ma il cielo batteva le strade
con le sue lunghe dita di pioggia
e le tue corte e esili zampe nel fango
erano il mio pensiero.

Con un sorriso correndo senza voltarti
hai pianto a lungo e sei scappato
sui prati fioriti delle nuvole .

Il grigio della città ha reso buia la nostra strada.
Dove sei fuggito?

O sono io – compagno impotente –
senza il coraggio di stringerti tra le braccia?

I tuoi occhi si spegnevano
e la bocca immobile schiudeva i denti
in un malinconico sorriso. Io
fuggito lontano.

Lungo il nostro itinerario – torna l’aculeo
della mia angustia – cammino
ancora in compagnia della tua immagine
sospesa nella mia memoria come un piccolo sole
a consolare il cuore.
25/01/2021

  1. giuliana scrive:

    In punta di piedi…

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