Nell’ultimo mese dell’autunno – di Arsenij Tarkovskij

Nell’ultimo mese dell’autunno, sulla china

della mia amarissima vita,

colmo di tristezza, entrai

in un bosco senza foglie e senza nome.

Era lambito fino all’orlo da un bianco-latescente

vetro di nebbia. I rami canuti

erano rigati da quelle lacrime pure che

solo gli alberi versano alla vigilia

dell’inverno che scolorisce ogni cosa.

Ma ecco accadde il miracolo: al tramonto

baluginò da una nube un lampo azzurrino,

e un raggio lucente penetrò, come in giugno,

dai giorni venturi del mio passato.

Gli alberi piangevano alla vigilia

delle opere buone dei munifici doni,

delle liete bufere turbinanti nel turchino,

menarono le cinciallegre il ballo in tondo,

come mani sulla tastiera

s’alzavano da terra alle note più alte.

Arsenij Tarkovskij, Stelle tardive (traduzione di Gario Zappi, Edizione Giometti & Antonello, Macerata, 2017)

  1. antonio sereno scrive:

    GRAZIE, MARCELLO, C’ E’ BISOGNO DI POESIA

  2. paola pdr scrive:

    Tutto può sempre accadere in qualsiasi momento della nostra vita, brillante o meno, appagata o meno.
    Quando non ti aspetti nulla ecco che accade qualche cosa che ti fa cambiare prospettiva.
    La vita è imprevedibile.
    Magari capirne i segnali, coglierne il senso profondo, non dimenticando di guardare chi ci sta intorno con la cura che riserviamo a noi stessi.
    Gradita questa condivisione che permette di estrapolare interessanti allegorie.

Replica a antonio sereno